Ana Maria Fella, consulente digital marketing e social media, ci racconta il suo percorso personale fatto di coraggio al femminile. Abbiamo avuto l’opportunità di farle alcune domande sulla sua esperienza, nata da un tuffo nel lavoro autonomo a 40 anni.
Dopo aver provato il lavoro corporate a tempo indeterminato non è da tutti scegliere puntare sulla vita da freelance, con la mente sgombra da preconcetti. Abbiamo affrontato con lei questo tema in base alla sua storia personale, cercando di strapparle alcuni preziosi consigli.
Ciao Ana Maria, per prima cosa grazie per la tua disponibilità a rispondere alle nostre domande.
Ti definisci una felice Freelance. Puoi raccontarci da che cosa è scaturita la tua decisione d’intraprendere una carriera di questo tipo? Qual è il segreto per vivere una felice vita da Freelance?
Grazie a voi! Non penso esista un “segreto” valido per tutti. Io ho preso questa decisione a 40 anni, un anno che mi ha visto prendere decisioni di rottura col passato sotto tanti fronti. Professionalmente, dopo più di 15 anni da dipendente, ho sentito la necessità di mettermi alla prova, ma anche di cambiare aria. Spesso ci si adagia troppo sugli allori e si dice a se stesse che si sta bene dove si sta per tutta una serie di paure e giudizi altrui. Io di certo posso dire quello che ho fatto: ho pianificato – per quanto possibile – un piano B e un piano C, conscia che potevo fallire. Ci ho messo due anni a lasciare il mio impiego proprio per questo motivo: è stata insomma una scelta molto ponderata unita a un’analisi del mercato lavorativo e dei settori possibili.
Per molte donne si tratta di una scelta sofferta. Come hai affrontato e superato le difficoltà legate all’incertezza che un lavoratore autonomo può incontrare?
La paura era tanta inizialmente, ma sono stata supportata da chi credeva in me. Ammetto però che in tanti, persino persone molto più giovani di me, mi dicevano che ero pazza a lasciare un tempo indeterminato. Io mi ero data una “data di scadenza”: se non fossi morta di fame entro un anno, ce l’avrei fatta. So che è una frase che fa ridere, ma lasciare il proprio lavoro fisso, a 40 anni quando sei donna e per giunta separata di fresco poteva anche significare andare incontro a un disastro totale. Ho avuto la fortuna di avere chi mi ha sempre ricordato quanto bene sapessi fare il mio lavoro, anche se io ero – e spesso ancora lo sono – preda della sindrome dell’impostore.
In questo periodo difficile, molte donne si sono ritrovate senza lavoro, magari dopo anni di fedeltà ad un’azienda. C’è qualche consiglio che puoi dare a coloro che faticano a trovare un nuovo impiego corporate? Come possono trasformare questa esperienza in un’opportunità per il proprio futuro professionale?
Non è facile: ogni consiglio potrebbe sembrare così scontato, anche se da donna freelance (e che quindi vive sempre un po’ nell’incertezza) posso capire il loro stato d’animo.
Il primo consiglio che posso dare è cercare di non sentirsi in colpa se a volte ci viene da “disperarci”. A volte ci si scontra con questa idea che la donna debba essere forte a prescindere: secondo me accettare le proprie paure è fondamentale.
Il secondo che do è crearsi una rete, non solo per trovare un nuovo impiego, ma anche per valutare tutte le strade, anche diventare freelance, e soprattutto parlare con altre donne nella stessa posizione o che hanno avuto la stessa esperienza e si sono rinnovate. Il confronto è sempre positivo, anche a livello psicologico: ci si tira su.
E – ultimo consiglio – studiare e sperimentare, anche cose nuove, per capire se ci sono nuove strade da percorrere.
Se le parole di Ana Maria Fella ti sono state d’ispirazione, non perdere le nostre prossime interviste!
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